L’urbanistica in chiave utopica: GABRIELE GUASTELLA

L’Italia i talenti prima li fa, poi (sempre più spesso) li perde per il mondo. L’architetto Gabriele Guastella è uno di questi. Nasce a Varese nel 1983, sceglie poi il percorso artistico frequentando Liceo sperimentale Progetto Leonardo con specializzazione in architettura e design. Dopo le superiori si iscrive all’Accademia di Architettura di Mendrisio. Qui gli viene insegnata la rigidità svizzera e il “vangelo architettonico secondo Le Corbusier”.

Nel suo percorso accademico ha incontrato professori del calibro di Mario Botta, Joseph Acebillo, Phillipe Rahm, Henz Tesar, Valerio Olgiati, Henk Hertzema, Aires Mateus e come ultimo ma non meno importante l’Architetto Elia Zenghelis (professore per il progetto di tesi).

 

Gua Gab - Paris

 

Gabriele inizia a definire una propria filosofia progettuale anche grazie ai suoi lunghi viaggi come in Australia e Argentina, dove ha lavorato per studi importanti come NMBW architects e Osvaldo Martorell ass. Di questa esperienza dice:“tramite i viaggi e gli incontri di culture diverse ho capito che la globalizzazione e l’ignoranza comune danno un’importanza superiore alla forma piuttosto che alla funzione. L’architettura non è scultura. Sono due arti ben separate. I materiali usati non sono più del luogo e non sono più nemmeno veri, si può tranquillamente trovare del travertino o della pietra leccese dall’altra parte del mondo o si possono scegliere delle piastrelle in ceramica che riproducano listoni di legno. Tatto, Udito, Olfatto, Gusto e Vista perdono ogni significato in rapporto a questa architettura che ricrea spazi fittizi. La finzione prende il posto della realtà. Si perde contatto con le tradizioni architettoniche create nel corso degli anni, come esigenze funzionali dettate dal contesto (tempo – luogo – storia).L’architettura ha bisogno di evolversi come si evolve la società e forse questo è il risultato. Io nel mio piccolo provo a essere coerente sempre, provando a progettare spazi che rispondano alle esigenze del luogo e di chi li abita”.

Fonda nel 2009 OFFSET STUDIO – Beyond Architecture a Milano assieme agli architetti Simone Retto e Raffaele Pozzi, viene invitato in Romania come professore in due workshop all’Università della Facultatea de Arhitectură a Universităţii Spiru Haret, dove affronta i temi urbanistici in chiave utopica.

Si trasferisce a Parigi e inizia una collaborazione con l’architetto François P.J. Filippi, che in seguito lo rende associato del suo studio FHF architectes; qui si fortifica in lui ancora di più la convinzione che ci sia il bisogno di rieducare attraverso l’architettura: progettare per il sociale. FHF idea un edificio utopico chiaramente provocatorio, al di sopra della torre Eiffel che è il simbolo di Parigi e il monumento più visitato al mondo. Questo edificio vuole sviscerare il problema che l’Europa vuole apparire una grande istituzione con comuni interessi, lingue e tradizioni che svaria in tutti i settori senza dimenticarsi le identità locali di ogni regione. Il problema è che questo non è vero. Questo grande progetto incorpora in scala minore tutti i dati che racchiudono ogni nazione e ogni regione cosi ricreando una micro Europa dove tutti possono avvicinare tutte le culture.

 

The Twist by MenoMenoPiu Architects and FHF Architectes

 

Recentemente ha sviluppato insieme all’architetto Alexandra Popescu e lo studio MenoMenoPiu Architects due progetti molto interessanti. Il primo è quello dello stadio per le olimpiadi di Tokyo 2020: cambiando radicalmente il concetto che sta alla base dello stadio -un luogo usato saltuariamente e quindi poco vissuto- si vuole restituire l’edificio alla città grazie alla strada elicoidale che la circonda creando spazi e luoghi aperti 24 h su 24 h. Oltre agli 80000 posti presenti nello stadio, l’interno è connesso con l’esterno attraverso giardini, piazze, strade laterali coperte per pedoni, spazi di raduno, appartamenti e spazi commerciali.

 

The Twist by MenoMenoPiu Architects and FHF Architectes

 

Il secondo invece è quello della cattedrale di Notre Dame de l’Assomption ad Haiti: una nuova cattedrale che sorge dalle ceneri di quella vecchia, portando con sé il ricordo del disastro avvenuto il 12 gennaio 2010. Il progetto fornisce spazi e strutture al servizio della comunità haitiana e migliora la loro qualità di vita, creando un edificio sostenibile che utilizza l’ambiente per la produzione di energia e acqua, elementi che contribuiscono ai bisogni fondamentali di ogni persona.

 

Notre Dame de l’Assomption – Haiti

 

Chiedendogli un parere sullo stato dell’architettura italiana, risponde: “L’Italia deve riprendere coscienza delle proprie potenzialità e ricchezze. Viviamo costantemente con l’ombra del passato senza lasciare uno spiraglio al futuro. La ricchezza storica geografica e culturale deve prevalere rispetto alla burocrazia italiana. Restituendo all’architetto il suo vero ruolo nella società odierna”.

Parlando di nuovi lavori ci svela che sono in cantiere diversi progetti che toccano l’Africa e l’America Latina.

Gua Gab

 
Andrea Tata