Il Fantasma del Teatro: AGNÈS WEBER

Agnès Weber nasce nel 1973 a Parigi. La sua passione per la fotografia inizia quando scopre una scatola di velluto rosso piena di foto in bianco e nero di parenti sconosciuti o deceduti a casa di sua nonna. Passerà lunghi pomeriggi ad ascoltare sua nonna raccontare le storie di queste persone sconosciute eppure stranamente familiari. Il suo lavoro personale si basa su situazioni legate alla vita di tutti i giorni.

Nel 1994 è ammessa a L’Ecole Nationale Supérieure des Beaux Arts de Cery-Paris. Prosegue i suoi studi presso la Visuel Formation, una scuola specializzata in fotografia, e in seguito trascorre 10 anni in uno studio fotografico. Nel 2001 si trasferisce in Italia e nel 2007 partecipa a un corso per fotografi di scena dell’Accademia Teatro Alla Scala di Milano. Da allora collabora come fotografo di scena con vari teatri.

 

Sei nata e cresciuta in Francia, dove hai studiato e lavorato per diversi anni: come è arrivata la decisione di trasferirsi all’estero? E perché proprio in Italia?

Non l’ho proprio deciso: mi sono innamorata di un italiano e poi dell’Italia.

 

 

Hai scelto di lavorare come fotografa di scena: che significato rivestono per te il teatro e la danza?

Anche questo è successo più per caso che per volontà. Al mio arrivo in Italia, ho smesso per un lungo periodo di fotografare. Avevo un nuovo lavoro, una nuova famiglia, una vita nuova, in un certo senso non c’era più nessun vuoto da colmare… Passato quel periodo in cui mi illudevo tutto fosse perfetto, sono entrata in crisi. Dovevo riprendere i miei sogni. Non sapevo da dove iniziare e ho visto nella metropolitana il bando per il corso di fotografi di scena al Teatro Alla Scala di Milano. E’ stato casuale e l’ho preso come pretesto per ricominciare. Ho amato subito del teatro il fatto di dover stare nascosta nel buio, in silenzio, come un fantasma…

 

 

Hai molta esperienza alle spalle, e siamo molto contenti che tu abbia scelto di condividerne un pò con noi, ma dicci: come sei riuscita nel corso degli anni a rinnovare continuamente la tua passione e i tuoi input?

I periodi in cui la passione e l’ispirazione sono venuti a mancare mi sono stati necessari. Fermarmi, riflettere, fare tutt’altro, era indispensabile. I miei lavori personali, giorno per giorno, sono spinti dalla noia. Mi annoio, scatto. Come per giustificare e dare un senso a quei momenti inutili.

 

 

Attraverso tutto il tuo lavoro, e soprattutto nella raccolta “Penombre”, si nota l’importanza della luce e della sua relativa oscurità, delle ombre proiettate e spesso anche delle riflessioni. Cosa simboleggiano questi elementi?

Mi piace vivere e fotografare di notte. Mi piacciono le luci deboli, le cose nascoste, i segreti. Preferisco intravedere che vedere.

 

 

Guidaci attraverso una tua sessione fotografica: l’ideale per te è prepararla in precedenza, avvertire i modelli, preparare attrezzature e set particolari adatti a raccontare una storia, oppure è tutto estemporaneo, tu, una macchina fotografica e il mondo che ti circonda?

Non ho ne immaginazione ne idee, seguo semplicemente l’istinto e la luce.

 

 

A proposito, chi sono i soggetti delle tue fotografie? Come li scegli, come riesci ad avvicinarli in modo così efficace quando hai in mano la macchina fotografica che, a volte, sa essere fredda e impersonale?

Se non parliamo del mio lavoro a teatro, i miei soggetti sono principalmente persone a me molto vicine: amici, familiari, me stessa. Ho bisogno di intimità, e mettere a nudo i sentimenti e i corpi.

 

 

Intervista a cura di Alice Alessandri

 
 
Sabato 29 settembre 2012 @ WOMADE #3
CHIOSTRI di SAN BARNABA
Via San Barnaba 48 – MILANO (P.ta Romana)