Intervista a FRANCESCO ZORZI

Francesco Zorzi è un giovane artista laureatosi al Politecnico di Milano. Disegnare fa parte della sua vita da sempre: dai fumetti alla street-art, dalle tempere all’acrilico.

A metà strada tra grafica e illustrazione, trova ispirazione da un’attenta osservazione di quello che gli sta intorno. Ha esposto le sue opere al launch party di WOMADE, alla Fabbrica del Vapore, suscitando curiosità pur svelando solo una piccola parte del suo universo creativo. L’abbiamo raggiunto per un’intervista.

 

 

Ciao Francesco! Partiamo dalla genesi: da dove è iniziata la tua vita da artista?

Ho sempre disegnato fin da quando ero piccolo, su ogni pezzo di carta che trovavo a casa, sulle buste delle lettere, dietro gli scontrini, sui libri di scuola. Mia madre poi dipingeva: penso che parte di questa passione me l’abbia trasmessa lei.

 

 

Cosa ti ha influenzato maggiormente in questi anni?

Studiare Product Design mi ha tenuto lontano dal mondo del disegno e della pittura per qualche anno, credo però che mi abbia aiutato ad arricchirmi dandomi input diversi. Forse questo è uno dei motivi per cui quando disegno o dipingo uso supporti diversi, dal legno, al metallo, alla plastica. Sicuramente anche aver partecipato al concorso Illustrative Berlin 2010 è stata l’occasione in cui mi sono riavvicinato maggiormente a questo mondo.

 

 

Mi ha incuriosito molto il tuo progetto “SEMI” legato alla sostenibilità. Di cosa si tratta?

È il progetto di tesi del Master in Product Design: un sistema per la coltivazione domestica dei germogli. Nonostante sia un progetto di prodotto, ho dipinto queste illustrazioni in acrilico su avanzi di pannelli in forex trovati in casa (che io e i miei coinquilini usavamo per farci i modelli). Poi ho scansionato tutto inserendolo nel volume di tesi. L’ho fatto un po’ per spiegare visivamente quello che diceva il testo, un po’ perché ero stanco di stare ore davanti al computer. Avevo bisogno di sfogarmi in qualcosa di più creativo.

 

 

Una tua giornata tipo…

È una specie di routine, specie l’inizio: la sveglia che suona cento volte prima di buttarsi giù dal letto, una moka di caffè perché senza la giornata non parte, una scorsa veloce a quella manciata di blog che seguo da cui spesso nascono idee interessanti…e poi via, si comincia a fare quello che si deve fare. Alcune giornate le dedico al design, altre all’illustrazione o a un dipinto… dipende.

 

 

Hai una missione nel tuo lavoro? Raccontala con una frase.

Una missione forse ancora no. Ho notato però che gran parte di quello che faccio in un modo o nell’altro va in una certa direzione: l’avere più livelli di lettura e di significato, il fatto che ogni cosa possa sembrare qualcosa ma che in realtà possa essere (o non essere) anche dell’altro. Mi piace quando nel guardare qualcosa che ho realizzato la gente si domanda quale può essere il suo significato e lo interpreta a suo modo. Ecco, mi piace la parola “interpretazione”.

 

 

Progetti futuri?

Proseguire in quello che amo, che a volte è il disegno puro, a volte dipingere con i pennelli, altre volte il design. Mi piacerebbe lavorare unendo tutti questi aspetti in un grande progetto, in qualche modo.

 

 

Regalaci un’idea innovativa o uno spunto di riflessione sul futuro.

Mi piace pensare a degli scenari alternativi paralleli attorno alle quali poter costruire delle vere e proprie storie concrete e dettagliate. “Come sarebbe il nostro futuro se le cose anziché andare in questo modo andassero in quest’altro?” È divertente ma serve anche per riflettere:
una specie di “gioco serio”.

 

 

Passiamo alla musica. Due artisti o progetti per disegnare il passato e il futuro della musica.

Credo che il concetto di passato e futuro sia abbastanza relativo soprattutto oggi, dove tutti i generi si fondono e s’intrecciano tra loro, nella musica come in tutto il resto. Per questo, se dovessi disegnare il passato, in questo momento ascolterei Small Memory di Jon Hopkins, il presente lo vedo sotto forma di una canzone melodica di un dj di oggi. Per disegnare il futuro, invece, ascolterei i Kraftwerk.

 

 

Hai presentato le tue opere durante il launch party di WOMADE alla Fabbrica del Vapore. Come ti è sembrato?

“Ibrida” è la parola più adatta. È stato un mix interessante di tante cose, tanti stimoli, tante persone, che si sono mescolate insieme per una notte dando vita a qualcosa di contaminato ma ricco di energia. Per questo è stato molto intenso. Senza dubbio una bellissima esperienza: sono contento di aver potuto dare il mio contributo creativo.

 

 

Intervista a cura di Davide Sedini

Photo by Alessandro Scarano e Giacomo Feltri