Lo spazio in cui raccontare una storia: LORY MURATTI

Musica e Scrittura. Due mondi così articolati e complessi trovano il loro punto d’incontro in Lory Muratti, artista contraddistinto dal forte impatto emozionale.

Figlio d’arte nasce dal mercante d’arte Andrea Muratti e dalla Ballerina Helen Bresson a Varese nel 1977. Per circa un decennio viene conosciuto dai più con lo pseudonimo “Tibe” (da Tiberio, cognome della sua famiglia adottiva dopo la precoce scomparsa della madre naturale).

Si ricorda il suo lavoro “Hotel Lamemoria”, in cui musica e letteratura si fondono come due anime della stessa creazione, mentre più recentemete Lory ha dato alla luce il suo nuovo lavoro: Scintilla. Con questo romanzo si svela definitivamente al pubblico raccontando la propria storia.

 

 

La tua esperienza personale ha influito sul tuo lavoro? Come?

Credo che ogni opera d’arte, quando veritiera (e un’opera d’arte dovrebbe sempre esserlo) porti in sé i frutti delle più significative esperienze personali di chi la crea. Nel mio caso una storia familiare piuttosto complessa ha da sempre dato forma ai miei fantasmi letterari e musicali e, riferendomi più nello specifico al mio ultimo lavoro, le esperienze che ho vissuto attraversando gli Stati Uniti durante un lungo viaggio che mi ha portato fino nel cuore del deserto del Nevada, hanno invece contribuito in modo consistente alla creazione del nuovo romanzo e ai brani del disco ad esso correlato. Posso dire che “vivere per raccontare” sia la mia linea guida in letteratura così come in musica.

 

 

Scrittura e Musica: due ambiti così complessi e – almeno apparentemente – così diversi..

Per me questi due ambiti sono da sempre strettamente correlati. Ho sempre inteso la misura della canzone come uno spazio in cui raccontare una storia, seppur per immagini. In questo senso sento di essere figlio di certo cantautorato oscuro alla Tom Waits, alla Nick Cave and the Bad Seeds, alla Leonard Cohen. Artisti per i quali il testo di una canzone è spazio adatto e sufficiente a racchiudere un mondo. È partendo da questo presupposto che mi sono ritrovato nel tempo a scrivere racconti che avrei poi declinato in musica e infine romanzi che sarebbero poi diventati concept album.

 

 

Andando per ordine allora, come hai iniziato a scrivere?

Da bambino restavo incantato ad osservare pellicole di vecchi film in bianco e nero che mia madre adottiva era solita guardare dopo cena. Spesso di trattava di Hitchcock ed una cosa che mi accadeva sovente era di vedere immagini di persone sedute a uno scrittoio intente a smaltire la propria corrispondenza e a scrivere di “ciò che stava accadendo” indirizzando la missiva a qualcuno di caro e di molto lontano. La corrispondenza, la distanza compassionevole, l’assenza.. sono diventati temi portanti in quello che faccio e che produco. Corrispondenza anche come “collegamento invisibile” tra luoghi, cose e persone e “assenza” come senso profondo di una continua ricerca di “qualcosa che non c’è”, ma che desideriamo con tutte le nostre forze. Ho iniziato quindi a scrivere affascinato da un’immagine che non potevo del tutto comprendere lì per lì, ho scritto migliaia di lettere a centinaia di interlocutori nella mia vita e negli anni ho imparato a decifrare il senso profondo di quell’immagine ricorrente nei vecchi film che guardava mia madre.

 

 

Per quanto riguarda invece la tua produzione musicale, sono presenti dei riferimenti precisi o è qualcosa di personalissimo e solo tuo?

Nella mia produzione si mescolano mondi e scenari musicali apparentemente distanti fra loro. Ho esplorato diversi territori e varie forme espressive nelle mie passate produzioni, ma con Scintilla credo di essere arrivato a sintetizzare tutto ciò che mi appartiene. La new wave e il rock esistenzialista americano di metà anni ’90, il pianoforte “maltrattato e rock’n’roll” e gli improvvisi voli influenzati dagli studi classici, la libertà di certo jazz che fa capolino un istante in mezzo a muri di chitarre distorte e due spettacoli per mettere in scena tutto questo: un live con i Testimoni, la band che mi accompagna in versione elettrica e il monologo*concerto che affronto in solitaria con il mio pianoforte recitando momenti tratti del romanzo e suonando brani del disco riarrangiati in chiave acustica. È quest’ultima performance quella che porterò nella notte di WOM.

 

 

Fra tutte le collaborazioni che hai avuto c’è qualche esperienza o artista di cui hai un ricordo particolarmente significativo?

Ogni collaborazione lascia in me segni profondi e, se devo proprio fare una distinzione, mi arricchiscono maggiormente quelle con artisti che usano media differenti dai miei. Non trovo particolarmente eccitante lavorare solo con altri musicisti, come si ostinano a fare la maggior parte dei miei colleghi. Trovo ben più intrigante la contaminazione vera, non quella tra “modi o pose diverse” ma tra mondi differenti. Mondi che possono essere però in forte collegamento fra loro. Un’esperienza particolarmente significativa in questo senso è stata per me senza dubbio quella con l’artista digitale americano Lorne Lanning, creatore della saga di videogames “Oddworld”. Musicare il suo universo e arrivare con lui alla Biennale di Venezia, è stato per me qualcosa di indimenticabile, surreale e bellissimo insieme.

 

LORY MURATTI

 
LINK: lorymuratti.it
 

Andrea Tata
 
 
Sabato 19 Ottobre 2013 @ WOM #01
c/o Buka – Ex Casa Discografica CGD – Milano